Adios “Champanillo”: l’Unione Europea contro le denominazioni di origine ingannevoli
- Appunto società tra Avvocati
- 11 apr
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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea impedisce l’utilizzo del nome alla catena di tapas bar "Champanillo" in quanto evoca nel consumatore un collegamento con lo Champagne.
Breve analisi della storica sentenza resa nella causa C-783/19 (9 settembre 2021, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne vs. GB).

Con la sentenza del 9 settembre 2021 (C-783/19) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha messo la parola fine ad una controversia che imperversava da anni nel panorama giuridico europeo: la portata della tutela della Denominazione di Origine Protetta (DOP).
In un mercato sempre più globalizzato e competitivo, la Denominazione di Origine Protetta (DOP) riveste un ruolo fondamentale per valorizzare le eccellenze agroalimentari, strettamente legate al proprio territorio di origine e alla propria tradizione culinaria.
Per garantire al meglio tale legame, come chiarito anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, è vietato qualsiasi uso commerciale improprio diretto o indiretto del nome protetto, nonché eventuali usurpazioni, imitazioni o evocazioni. E’ proprio su quest’ultimo fenomeno, anche detto c.d. Italian Sounding (anche se nel caso in questione sarebbe più corretto parlare di “French Sounding”) che si incentra la summenzionata sentenza.
3) Conclusioni
Cos’è la Denominazione di Origine Protetta (DOP): Regolamento (UE) n. 1308/2013
Ai sensi dell’art. 93, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento (UE) n. 1308/2013, per “denominazione di origine” si intende il nome di una regione, di un luogo determinato o di un paese che serve a designare un prodotto nel caso in cui “i) la qualità e le caratteristiche del prodotto sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani; ii) le uve da cui è ottenuto il prodotto provengono esclusivamente da tale zona geografica; iii) la produzione avviene in detta zona geografica e iv) il prodotto è ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera”.
La denominazione di origine, dunque, garantisce che il prodotto è stato interamente realizzato in una determinata area geografica, utilizzando metodi tradizionali e materie prime locali, essendo così conforme a particolari standard qualitativi.
Per tutelare il buon funzionamento del mercato unico e proteggere i legittimi interessi dei consumatori e dei produttori, il legislatore europeo ha predisposto stringenti divieti nell’utilizzo di una denominazione di origine impropria.
In particolare, l’art. 103, paragrafo 2 tutela l’utilizzo della denominazione di origine da:
“ a) qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto del nome protetto […] b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l'origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione o è accompagnato da espressioni quali "genere", "tipo", "metodo", "alla maniera", "imitazione", "gusto", "come" o espressioni simili; c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto vitivinicolo in esame nonché l'impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sulla sua origine; d) qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto”.
Per alcune tipologia di DOP di vini, già esistenti prima dell’entrata in vigore del regolamento, è prevista una tutela ulteriore grazie all’iscrizione automatica in un apposito registro pubblico, costantemente supervisionato ed aggiornato dalla Commissione Europea.
Tra queste, la tipologia di vino DOP più famosa al mondo è certamente lo Champagne, definito come un vino spumante di qualità prodotto nella zona viticola francese ricompresa tra Aisne, Aube, Marne, Haute-Marne e Seine-e-Marne.
L’affaire Champanillo: Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne vs. GB
La vicenda controversa riguardava una catena di tapas bar chiamata “Champanillo”, di proprietà del Sig. GB e con sedi sparse nel territorio spagnolo.
Il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, associazione di categoria riconosciuta dal diritto pubblico francese, aveva adito il Tribunale del commercio di Barcellona al fine di ottenere la cessazione dell’uso e il ritiro dal mercato di ogni insegna o documento sui quali fosse raffigurato il segno “Champanillo”, giustapposto a due calici ricolmi di Champagne.
In primo grado, il Tribunale spagnolo aveva rigettato tutte le domande dell’associazione francese, poiché detto segno era utilizzato unicamente per contrassegnare i locali del ristorante e non anche il commercio di bevande alcoliche, essendo così escluso qualsiasi sfruttamento della vis attrattiva del DOP o possibilità di ingenerare confusione tra i consumatori.
In Appello, tuttavia, la Corte provinciale di Barcellona aveva preferito effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per scongiurare un’errata interpretazione dell’art. 103 del Regolamento (UE) n. 1308/2013.
In tale occasione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ribadito che nel divieto di “evocazione” richiamato dall’art. 103, paragrafo 2, lettera b) deve essere ricompresa qualsiasi condotta che non utilizza direttamente o indirettamente la denominazione protetta stessa, ma la suggerisce in modo tale che il consumatore sia indotto a stabilire un sufficiente nesso di vicinanza con detta denominazione , prescindendo da qualsiasi accertamento in concreto di atti di concorrenza sleale.
Più specificatamente, ha statuito che:
“L’articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1308/2013 deve essere interpretato nel senso che l’«evocazione» di cui a tale disposizione, da un lato, non richiede, quale presupposto, che il prodotto che beneficia di una DOP e il prodotto o il servizio contrassegnato dal segno contestato siano identici o simili e, dall’altro, si configura quando l’uso di una denominazione produce, nella mente di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, un nesso sufficientemente diretto e univoco tra tale denominazione e la DOP. L’esistenza di un tale nesso può risultare da diversi elementi, in particolare, dall’incorporazione parziale della denominazione protetta, dall’affinità fonetica e visiva tra le due denominazioni e dalla somiglianza che ne deriva, e anche in assenza di tali elementi, dalla vicinanza concettuale tra la DOP e la denominazione di cui trattasi o ancora da una somiglianza tra i prodotti protetti da tale medesima DOP e i prodotti o servizi contrassegnati da tale medesima denominazione”.
Nella fattispecie, il segno “Champanillo”, dato dalla combinazione del termine “champán” (champagne in spagnolo) e dal suffisso “illo” (piccolo in spagnolo), è sufficientemente ambiguo da generare nel consumatore europeo medio tale collegamento.
Conclusioni
La decisione della Corte di Giustizia sul caso Champanillo ha segnato una svolta decisiva per tutti i casi presenti e futuri che riguardano l'uso di storpiature o giochi di parole legati alle denominazioni di origine protetta, essendo i giudici nazionali dell’Unione Europea vincolati all’interpretazione elaborata della Corte.
Per l’Italia (cfr. anche art. 32 del D.L. 34/2019), il futuro si prospetta promettente: se non è legittimo utilizzare nomi o segni che, seppur storpiati, evochino un prodotto a denominazione di origine, i produttori nostrani avranno un ulteriore strumento contro le numerose imitazioni celate dietro il fenomeno dell'Italian Sounding (con buona pace dei vari "Prosek", "Whitesecco" e "Perisecco").