La rilevanza della diffida nella quantificazione delle spese legali
- Appunto società tra Avvocati
- 8 set 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Il Tribunale di Genova: “la soccombenza, unita alla non contestata assenza di alcuna precedente diffida stragiudiziale, giustifica la statuizione sulle spese di cui al dispositivo” e dunque “pone a carico della ricorrente le spese di giudizio”
(Tribunale di Genova, Sez. Spec. in materia di Impresa, R.G. n. 396/2024, decreto di rigetto n. 247/2024 del 25/03/2024)
La Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Genova, nell’ambito di un procedimento cautelare (parte resistente difesa dagli Avvocati di Appunto STA) ha riconosciuto la rilevanza, ai fini della liquidazione delle spese processuali, della condotta delle parti: il mancato invio di una lettera di diffida al fine di prevenire un contezioso giudiziario.

La lettera di diffida nel nostro ordinamento
Com’è noto, la diffida è l’atto con cui si invita formalmente una controparte ad adempiere a un obbligo oppure a desistere dal tenere una determinata condotta.
Nessuna disposizione normativa espressamente sancisce l’obbligatorietà dell’invio di una diffida come condizione di procedibilità dell’azione giudiziale, sia essa ordinaria di merito o cautelare.
Tuttavia, la condotta di chi si rivolge direttamente all’autorità giudiziaria senza una previa diffida stragiudiziale alla controparte può essere valutata dal giudice in sede di liquidazione delle spese, come risulta dal combinato disposto degli artt. 88, 91 e 92 del codice di procedura civile.
Il legislatore è intervenuto in plurime occasioni introducendo strumenti deflattivi del processo volti ad indirizzare il cittadino a considerare l’instaurazione di un giudizio alla stregua di un’extrema ratio: l’ultima possibilità dopo che altre strade (stragiudiziali) siano già state precluse. Questo risponde alla necessità di “alleggerire” il sistema processuale italiano che, con una durata media di oltre sette anni nei tre gradi di giudizio[1], si attesta tra i più lenti d’Europa[2].
Per questo motivo, dunque, la condotta delle parti prima dell’instaurazione del processo può essere valutata dal giudice in sede di liquidazione delle spese, soprattutto se semplici accorgimenti avrebbero potuto evitare il procedimento.
La vicenda: il ricorso cautelare presso il Tribunale di Genova
La vicenda vede protagonista la società BETA che concede a terzi, dietro il pagamento di un corrispettivo pattuito, la licenza per apporre su prodotti un marchio attestante la loro natura.
BETA depositava un ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. avverso un’altra società (ALFA) che, in modo del tutto casuale, aveva utilizzato un segno confondibile sul packaging di un proprio prodotto.
La ricorrente non chiedeva al Tribunale l'emissione di alcun provvedimento inaudita altera parte ma solo inibitoria, penale e condanna alle spese di lite.
L’instaurazione del giudizio cautelare non era stata preceduta da alcuna comunicazione, neanche meramente informale, da parte di BETA.
La società ALFA si costituiva in giudizio, rilevando che la condotta di BETA era caratterizzata da un’aggressività del tutto ingiustificata, anche in considerazione del fatto che BETA non aveva contattato in alcun modo la resistente prima di notificare il ricorso cautelare[3].
Tale condotta appariva del tutto immotivata, anche in considerazione del fatto che non era stata chiesta l’emissione di un provvedimento inaudita altera parte (generalmente correlato alla misura della descrizione volta a precostituire “a sorpresa” la prova dell’illecito, artt. 129 e 130 c.p.i.) e dunque non vi era ragione per non anticipare le intenzioni alla società BETA riguardo la contestazione di una pretesa violazione.
ALFA ribadiva inoltre che, se avesse ricevuto una lettera di diffida, avrebbe immediatamente interrotto l’utilizzo del segno e BETA avrebbe ottenuto un risultato coincidente con quello cui aspirava con l’introduzione del procedimento cautelare.
Il rigetto e la condanna alle spese legali
La Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Genova accoglieva le argomentazioni difensive della società resistente, respingendo il ricorso.
Con ordinanza del 20/03/2024 nel procedimento sub R.G. n. 396/2024, il Tribunale di Genova statuiva infatti che “la soccombenza, unita alla non contestata assenza di alcuna precedente diffida stragiudiziale, giustifica la statuizione sulle spese di cui al dispositivo” e dunque “pone a carico della ricorrente BETA le spese di giudizio sostenute da ALFA”.
Appunto società tra Avvocati a r.l.
___
Note:
[1] Monitoraggio della giustizia civile e penale, Ministero della Giustizia – link: https://www.giustizia.it/giustizia/page/it/monitoraggi_giustizia_civile_e_penale#:~:text=3%20anni%20per%20i%20procedimenti,per%20i%20procedimenti%20in%20Cassazione
[2] La giustizia civile italiana resta la più lenta d’Europa, ma c’è qualche miglioramento di Matilde Casamonti, pubblicato da Osservatorio CPI di Università Cattolica del Sacro Cuore – link: https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-la-giustizia-civile-italiana-resta-la-piu-lenta-d-europa-ma-c-e-qualche
[3] Il diritto tedesco prevede espressamente che il ricorrente sopporti le spese qualora il resistente desista dalla condotta contestata, se non preventivamente diffidato. L’art. 93 ZPO (Zivilprozessordnung, Legge del processo civile) stabilisce, infatti, che “se il convenuto non ha dato causa con la sua condotta all’azione giudiziale [e riconosce immediatamente la pretesa fatta valere nei suoi confronti] le spese di lite sono sopportate dall’attore”.